“Così parlano le mafie”: alla presentazione del libro di Lara Ghiglione, il comandante dei carabinieri Arturo Guarino rivela: “L’importante lavoro dei nostri interpreti per le indagini di questi giorni sui cinesi che sfruttavano italiani e sulla mafia nigeriana”
Palermo 25 giugno 2021 – “Per le indagini di questi giorni sullo sfruttamento del lavoro da parte di alcuni cittadini asiatici è stato per noi importante avere interpreti affidabili e capaci. La nostra necessità è di formare interpreti con conoscenze specifiche, in grado di lavorare e leggere i fatti con la stessa competenza di un investigatore, per captare attraverso i dialoghi, in questo caso voci in cinese in vari dialetti, tutte le informazioni utili per prevedere le mosse, individuare gli schieramenti. La stessa cosa accade per districarsi nella mafia nigeriana. Cerchiamo di intercettare i contenuti storici e le matrici profonde che animano queste associazioni e la loro capacità di evolversi per essere forti sul territorio”. Lo ha detto il comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri Arturo Guarino, che è intervenuto ieri nella sede della Cgil Palermo, in via Meli, alla presentazione del libro “Così parlano le mafie. Viaggio dei linguaggi mafiosi di ieri e di oggi” di Lara Ghiglione, segretaria generale della Cgil di La Spezia.
Il comandante Guarino la dibattito ha risposto alle domanda di Dino Paternostro, responsabile legalità Cgil Palermo, che gli ha chiesto di spiegare come parlano le mafie a Palermo e come gli investigatori riescono a districarsi tra i dialetti delle organizzazioni criminali straniere presenti in città. “Le mafie tacciono, vogliono il silenzio fra di loro. Ma non il silenzio verso la società. I loro comportamenti devono essere assolutanente leggibili nella società in cui la mafia opera. C’è una ricerca continua e attenta sulla comunicazione interna, sui codici, sulle modalità di espressione, sulle forme visibili che portano un’organizzazione a essere riconosciuta e temuta dagli altri come forza in grado di esercitare il potere e la capacità d’intimidazione”. “E’ importante – ha aggiunto Guarino – che il sindacato e la scuola si interessino della lettura di questi fenomeni. Per noi è fondamentale che ci crei una rete dei soggetti e delle associazioni, per comprendere come si muove chi vuole scardinare i valori della società per uso proprio. E in questo riconosciamo il ruolo importante che un corpo sociale come la Cgil svolge nel contrasto a ogni forma di illegalità”.
Al dibattito, oltre all’autrice del libro, sono intervenuti il presidente del centro Pio la Torre Vito Lo Monaco, Eliana Messineo di Libera Palermo, il giornalista del Tgr Rai Sicilia Ernesto Oliva il segretario generale Cgil Palermo Mario Ridulfo, che ha concluso l’incontro. “Il contrasto alle mafie e alla sottocultura mafiosa – ha detto Ridulfo, rispondendo al generale Guarino – devono partire dall’opposizione a tutte quelle forme di illegalità diffuse, tollerate e a volte giustificate che riscontriamo quotidianamente nella nostra realtà. Sul terreno della comunicazione, lo Stato e tutti i soggetti sociali debbono agire nella denuncia anche delle cose più piccole, a partire dal mondo del lavoro, per contrastare insieme lo sfruttamento a ogni livello e tutte le forme di illegalità che producono insicurezza. Iniziative come questa sono molto importanti perché servono a rafforzare quella che deve essere una strategia condivisa”.
Nel libro di Lara Ghiglione, che analizza l’evoluzione dei linguaggi mafiosi mettendo a confronto le tre più imponenti organizzazioni criminali di stampo mafioso italiane Cosa Nostra, Camorra e ‘Ndrangheta, una parte è dedicata a rituali e ai codici adoperati dai clan, ai riti di affiliazione, alla musica neomelodica, ai fuochi d’artificio ma soprattutto allo sfruttamento dei social. “Skype, che molti in Italia hanno iniziato a usare per la pandemia, loro lo utilizzano da tempo, per controllore i loro traffici da una parte all’altra del mondo. La loro esigenza è di stare al passo coi tempi e adattarsi prima degli altri alle evoluzioni tecnologiche”, ha detto Lara Ghiglione. E Dino Paternostro ha posto l’accento sui “pizzini” trovati nei covi dei mafiosi, sull’uso strumentale della religione come manifestazione di potere ma soprattutto sul’uso distorto dei social: “I mafiosi utilizzano tutti questi mezzi e anche con tracotanza veicolano attraverso questi stessi strumenti le loro minacce. Ci sono stati troppi casi di giornalisti minacciati attraverso facebook. Voglio ricordare anche le minacce a Salvo Palazzolo di Repubblica, e sul mio profilo, quando a Corleone la processione si fermò davanti alla casa di Ninetta Bagarella”.